Nei primi decenni del ‘700 la navigazione oceanica era ancora condotta alla stima e per parallelo, non molto differentemente da quanto iniziarono a fare Portoghesi e Spagnoli circa tre secoli prima.
In mare l’astronomia di posizione permetteva solo un controllo della latitudine. L’altezza (altura) del sole, della polare o della croce del sud veniva misurata con astrolabi o, più spesso, con balestrigle o quadranti, tutti strumenti, cioè, a visione diretta la cui precisione solo in condizioni più che ideali (mare calmo, buona visibilità, ottimo strumento) poteva avvicinarsi ad un terzo di grado. Onde ottenere la latitudine, tale misurazione veniva poi elaborata usando apposite “tavole” (antesignane delle nostre effemeridi) la cui precisione lasciava pure alquanto a desiderare; tuttavia l’introduzione (fra i più evoluti e ricchi) delle “Connaissance des temps” nella seconda metà del secolo precedente costituì un notevole progresso in questo campo, tanto da far risaltare pesantemente l’inadeguatezza degli strumenti per l’osservazione utilizzabili a bordo.
Questo problema fu risolto, nel 1731, con l’introduzione del “quadrante a riflessione di Hadley” (così veniva allora chiamato l’ottante, per similitudine col quadrante semplice, che pure misurava angoli sino a 90° ed era assai diffuso): con esso infatti sia la collimazione d’astro ed orizzonte, sia una lettura precisa della misurazione divennero operazioni relativamente agevoli ed accurate, anche se effettuate in mare. Grazie all’applicazione del principio ottico-geometrico della doppia riflessione (la grande innovazione), l’immagine dell’astro riflessa da due specchi successivi era infatti visibile sullo specchio fisso esattamente e stabilmente accanto all’orizzonte; per lo stesso principio l’angolo di cui ruota sul lembo l’alidada (solidale allo specchio mobile) è la metà di quello effettivamente misurato: quindi su un arco di 45° (ottava parte del cerchio: da qui ottante) si poterono misurare angoli sino a 90°.
E’ giusto comunque ricordare che, nell’intento di realizzare osservazioni più precise, John Hadley non fu il primo a concepire strumenti a riflessione. Già nel 1660 Joost van Breen brevettò una balestriglia con specchio mobile e due traguardi fissi: più efficiente dei quadranti di Davis (che allora andavano per la maggiore), fu utilizzata con profitto, per oltre un secolo, soprattutto sui bastimenti della VOC.
Intorno al 1670 Robert Hooke costruì un quadrante a riflessione semplice, rivelatosi però d’uso tanto difficoltoso da non aver seguito pratico.
Nel 1699 il grande Isaac Newton ideò ma non divulgò un quadrante a doppia riflessione, similissimo a quello di Hadley.
L’ottante rimase in uso presso i naviganti fino alla seconda metà dell’ottocento, mantenendo forma e struttura originali, solo con qualche progressivo miglioramento dettato dalla pratica e dallo sviluppo tecnologico: già nel 1734 era stato aggiunto un secondo specchio fisso per misurare, anche se poco agevolmente, angoli sino a 180° o per osservare astri con l’orizzonte sottostante invisibile (purché l’opposto, ovviamente, fosse visibile); nello stesso anno fu aggiunta, con poco successo, una livella ad alcool al fine di tentare osservazioni a prescindere dall’orizzonte, come si poteva fare con astrolabi e quadranti semplici; la graduazione del lembo, dapprima eseguita a mano, con l’invenzione della macchina di Ramsden (1759) fu portata ad un altissimo livello di precisione, come pure quella dei vernieri che ne facilitavano la lettura sino ad un primo (cosa sino ad allora semplicemente impensabile) e ciò grazie anche al passaggio da armature in ebano e lembi in avorio a strumenti tutti di ottone. Infine, semplicemente portando il settore circolare dell’ottante da 45° a 60° nel 1756 John Campbell fece costruire da John Bird il primo sestante, lo strumento cioè tuttora in uso; questo incremento da un ottavo ad un sesto d’angolo giro serviva solo ad agevolare la misurazione degli angoli talvolta maggiori di 90° relativi alle distanze lunari che, grazie soprattutto all’introduzione delle apposite tavole di Tobias Mayer, allora, senza la necessità di cronometri, si cominciavano ad utilizzare con successo per una soddisfacente determinazione della longitudine.
L’ottante, specialmente nelle marinerie mercantili, fu largamente impiegato per oltre un secolo e mezzo, venendo sostituito dal sestante solo gradualmente. Infatti, particolarmente a coloro che non si cimentavano assiduamente col metodo assai complicato e laborioso delle distanze lunari (d’obbligo nelle marine da guerra, specialmente oceaniche), un ottante poteva praticamente bastare, considerando anche il fatto che un tale strumento sicuramente bastava per ottenere un’accettabile determinazione della longitudine applicando altri metodi più facili, anche se (a quel tempo) meno precisi: p.e. il confronto di due semplici altezze (proposto da Douwes già nel 1754 e oggetto di studi e sviluppi per tutto l’ottocento); oppure, e sempre di più, applicando i metodi resi man mano accessibili dalla progressiva introduzione di cronometri. A ciò s’aggiunga che neppure la necessità di misurare angoli orizzontali maggiori di 90° (navigazione costiera) era molto sentita, salvo per i fondamentali lavori idrografici eseguiti proprio in quell’epoca dalle principali marine militari. Infine e soprattutto, però, si tenga presente che il sestante ebbe a lungo prezzi superiori a quelli che si pagavano per il più piccolo e più maneggevole ottante.
Giuseppe Garibaldi, di professione Capitano marittimo, per l’esercizio di
questa sua attività possedeva ed usava un ottante …